La Campania, la munnezza e gli inceneritori. Una storia infinita #Milapersiste

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di Mila Mercadante #Milapersiste twitter@milapersiste #gaiaitaliacom

 

Dopo ben 16 anni di emergenza, in una regione che vide sfilare il “meglio” del potere politico di destra e di sinistra, forze armate, esercito, Commissari, camorristi, 007 e ambientalisti, a fine 2018, mentre Terra dei Fuochi si è spostata in Lombardia, c’è un ministro del governo del cambiamento che vuole costruire 5 inceneritori in Campania. Nel momento stesso in cui Matteo Salvini fa l’annuncio è già troppo tardi per cominciare a preoccuparsi. Accampando scuse inaccettabili – la salute dei bambini – il ministro dell’Interno propone rimedi nemici di ogni progresso e di ogni lungimiranza, adoperando una vecchia tecnica reazionaria che nega i fatti e calpesta dignità e diritti dei cittadini, e che pare vinca sempre. C’è già chi approfitta per rimproverare i campani di spendere i soldi della comunità per spedire la spazzatura all’estero, c’è chi parla di pirolizzatori ultramoderni e non pericolosi (altra bugia) e c’è una maggioranza di italiani che non sa o non ricorda cos’è accaduto in Campania in passato e quali conseguenze la cittadinanza ha subìto e subirà ancora per lungo tempo. E’ una storia sporca e vergognosa che riguarda tutti, non solo i campani.

L’emergenza rifiuti in Campania fu proclamata nel 1994, dopo decenni di sversamenti illegali in discariche illegali o non a norma. Una quantità immane di rifiuti tossici provenienti dalle industrie del nord, ma anche di rifiuti tossici ospedalieri e di rifiuti tossici di provenienza militare (NATO? scorie radioattive?) avvelenò la regione. Il tutto era gestito dai prestanome della camorra con le connivenze del potere politico centrale e locale.

Cosa accadde dopo il ’94? Una prima giunta regionale (Grasso) propose un piano rifiuti mostruoso: 24 inceneritori e 61 discariche. Non se ne fece nulla, e nel 1995 arrivò una nuova giunta, di centro-destra, con Antonio Rastrelli Presidente della regione e Commissario all’emergenza rifiuti. Rastrelli propose un piano che prevedeva 5 inceneritori (poi ridotti a due dal governo D’Alema), 15 impianti per produrre combustibile derivante dai rifiuti (CDR) e 8 impianti di compostaggio. L’ENEL e la AMIU di Modena (oggi META) proposero di costruire gli inceneritori a costo zero e chiesero in cambio di poter usufruire degli incentivi CIP6 per l’energia elettrica prodotta dagli impianti. La trattativa stava per andare in porto attraverso la concertazione quando D’Alema volle che il piano Rastrelli partecipasse a una gara comunitaria. Alla gara si presentarono solo ENEL e FIBE (Impregilo). I costi dell’ENEL risultarono altissimi, vinse la gara Impregilo per aver proposto i prezzi più bassi e i tempi di realizzazione più brevi. Assicurò il completamento dell’opera entro il 2000. Fatto sta che l’inceneritore di Acerra, il più grande d’Europa (vale per tre), è stato inaugurato nel 2009. Perché così tanto tempo? La spiegazione la diede a suo tempo Giulio Facchi, ex sub-commissario allo sviluppo della raccolta differenziata dei rifiuti. Ecco la sua risposta: “Perché? Perché Impregilo entra subito in sofferenza finanziaria, e di fatto le banche che la sostengono diventano le vere interlocutrici del Commissario. Ottengono nuove clausole contrattuali che gli consentono di sfilarsi – come avverrà – in caso di inadempimento di Impregilo, senza doverne sostenere i costi”.

Fu allora che Bassolino fece i passi falsi che lo portarono a bruciarsi per sempre. Subentrò a Rastrelli nel 2000 e diventò Commissario ai rifiuti quando al governo D’Alema successe Giuliano Amato. Bassolino doveva gestire l’emergenza rifiuti avendo di fronte Impregilo-FIBE che accampava richieste e minacciava di mandare tutto l’affare all’aria. Impregilo voleva che il contributo CIP6 fosse di 296 lire a kwh (invece di 180 lire), pretendeva di modificare i tempi di realizzazione dell’inceneritore, di scegliere i terreni sui quali realizzare gli impianti e stoccare rifiuti senza nulla concordare con i Comuni, di non pagare di tasca propria i siti di stoccaggio delle ecoballe e infine di poter bruciare, poi, 7000 tonnellate al giorno di rifiuti (quanto la Campania produceva, appunto, ogni giorno). Le norme previste dal bando di gara vennero in tal modo completamente disattese e con il benestare del governo che diede via libera a Bassolino, l’affare si concluse a discapito della salute pubblica, a discapito degli interessi della comunità e a tutto vantaggio dell’Impregilo-FIBE.

Il terreno per costruire il colossale inceneritore venne individuato ad Acerra, ed era (è) di proprietà del Ministero della difesa. Si tratta di un territorio avvelenatissimo, stracarico di diossina, per il quale il governo Prodi emanò due decreti (2006 e 2007), predisponendo interventi per fronteggiare la situazione dell’area. La diossina, sia attraverso la combustione che per deterioramento in discariche, provoca leucemie ai bambini e tumori agli adulti, in particolare alla vescica e al fegato. Il più grande inceneritore d’Europa è stato realizzato proprio ad Acerra, malgrado le proteste e la resistenza civile dei cittadini, trattati come si trattano i colonizzati: chi si ribellava non difendeva mica quel poco che restava della salute e dell’ambiente, no: era in combutta con la camorra; chi non voleva le discariche o l’inceneritore laddove già si moriva di cancro da anni era un irresponsabile incivile. Ricordo ancora i vari Letta o Veltroni che chiedevano ai campani di dimostrare “senso di responsabilità”.

Fino al 2008, furono stoccati ben 8 milioni di ecoballe, le quali rappresentavano una garanzia economica notevole: essendo combustibili diventavano veri e propri beni patrimoniali da offrire come garanzia alle banche, con le quali Impregilo era esposta. Tutto falso: quelle ecoballe non potevano assolutamente essere bruciate perché contenevano munnezza “tal quale”, imballata senza separare l’umido da altri materiali. Poco importò a Berlusconi, che più tardi decise che l’inceneritore di Acerra avrebbe ingoiato e bruciato pure le terrificanti ecoballe. [Nota: le ecoballe erano sotto la gestione dei servizi segreti già da prima che Prodi s’insediasse al governo]. Alla fine Impregilo non ha mai gestito l’impianto, ci ha guadagnato, ha effettuato una valutazione di agibilità dell’inceneritore per 340 milioni di euro e se n’è andata cedendo la gestione a un’altra società.

Il governo Prodi e il governo Berlusconi dal 2008 al 2010 presero decisioni sbagliate, destra e sinistra in perfetta armonia fecero di tutto per peggiorare la situazione. Tremonti, quando era ministro dell’economia, non versò ai Comuni campani i fondi destinati alla raccolta differenziata. Come mai? Poiché un inceneritore non può lavorare se la differenziata supera il 40%, per la Campania – tenuta in scacco con la perenne emergenza – era stata fatta durante il governo Prodi una legge ad hoc (123/2008) che stabiliva per i Comuni una raccolta differenziata minima del 25%. Non il 40%, il 25%! I Comuni che avessero fatto di meno sarebbero stati sciolti subito. Ci si chiede ancora oggi perché Maroni sciolse senza motivo un comune virtuoso in provincia di Caserta, Camigliano, che effettuava il 70% di raccolta differenziata. Fu Prodi, sempre con la 123/2008, a mettere gli inceneritori sotto la copertura del segreto di Stato. Nel 2010, quando l’emergenza finì, la 123/2008 venne replicata con il decreto 26/2010, che mantenne il segreto militare (art.261 del codice penale). Dunque tutta l’area super inquinata che comprende Acerra-Marigliano-Nola è ancora coperta dal segreto militare, non si può avvicinare nessuno, cosicché l’inceneritore o l’apertura di nuove discariche (che è avvenuta e che non so se ancora avvenga) non possono essere né controllati né documentati né analizzati.

Fu ancora Prodi (con il plauso di tutti i partiti) ad avere l’idea di nominare Gianni De Gennaro (già reduce dallo scandalo della Diaz di Genova) Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania all’inizio del 2008.  Sempre nel 2008, nel periodo peggiore dell’invasione munnezza (dopo ben 14 anni di “emergenza”), Bassolino chiese aiuto a Walter Ganapini, assessore con le mani legate perché completamente schiacciato da Gianni De Gennaro, il quale per il ruolo assegnatogli godeva di un potere assoluto. Ganapini, per risolvere almeno temporaneamente la gestione dei rifiuti che si accumulavano, nel luglio di quell’anno incontrò varie associazioni ambientaliste della Campania. L’assessore Ganapino insomma aveva individuato una discarica non utilizzata in provincia di Caserta, al Parco Saurino, e propose di sversare i rifiuti lì per qualche mese: sempre meglio che mostrare al mondo intero Napoli e la Campania sommerse dalla spazzatura. Qualcuno registrò tutti i discorsi, e Wikileaks venne in possesso della registrazione integrale di quei colloqui, estremamente compromettenti. Alcune delle frasi registrate: “Su Parco Saurino io ho negoziato un giorno con l’attuale capo dei servizi segreti, che è una cosa seria essere il capo dei servizi segreti…” e ancora “Certamente, quell’oggetto è un mistero della Repubblica e ce lo siamo detto, perché Prodi si sia assunto le responsabilità che si è assunto ancora non è chiaro, ma quando il coordinatore dei servizi segreti ti dice per due volte, urlando: ‘Si è esposta due volte la presidenza della Repubblica’, se non sei ubriaco e se sei una persona, ti parametri un attimo e decidi cosa vuoi fare.” 

La proposta fu categoricamente bocciata. Ganapino in seguito fu minacciato, speronato durante un viaggio in autostrada, aggredito a Napoli in pieno centro da quattro motociclisti coi volti coperti da caschi integrali. Negò tutti i colloqui registrati e acquisiti da Wikileaks e poi ascoltati dal settimanale L’Espresso, ma era tardi. Aveva visto o saputo cose che non avrebbe dovuto vedere né sapere. Un conto è parlare di ecomafie e di camorra, un conto è prendersela coi meridionali che sono brutti, sporchi e cattivi e un altro conto è scoprire che nella faccenda rifiuti c’è di mezzo lo Stato, e ci sono nientemeno che i servizi segreti.

https://youmedia.fanpage.it/video/aa/WHtW2OSwt55Zvcvr.

 

 




 

 

(18 novembre 2018)

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