di Mila Mercadante #milapersiste twitter@milapersiste #gaiaitaliapuntocomnotizie
Cosa spinge le persone a detenere armi da fuoco? La paura, che viene sempre inculcata dalla politica e dai media. Con un’arma nel cassetto ci s’illude di porre fine all’insicurezza, di controllare il pericolo, di poter sistemare ogni cosa. Il fenomeno qui da noi diventa tanto più allarmante quanto più aumentano gli italiani che considerano giusto colpire qualcuno che minacci la proprietà privata. Non solo la vita o l’incolumità: la proprietà val bene un ferito o un morto. Nel sentire comune già non si distingue più tra legittima difesa e omicidio: se un ladro è entrato nel perimetro di un’abitazione privata tanto basta per sparargli, e poco importa se è disarmato, se sta scappando, se si è solo avvicinato al cancello o se sta già frugando nei cassetti. Gli argomenti di coloro che apprezzano i giustizieri fai da te sono sempre gli stessi: se l’è cercata/ uno di meno/ ne abbiamo piene le scatole. Bisogna proteggere figli, mogli, nipoti, e il frutto di anni e anni di lavoro onesto. Il decreto Salvini sulla legittima difesa dispone che quest’ultima sia sempre – appunto – legittima, anche nei casi in cui vi fosse una sproporzione tra il pericolo reale e la reazione. Difatti l’articolo 2 del decreto stabilisce la non punibilità di chi si difenda (sparando) in stato di grave turbamento. Questo significa che eventi diversi tra loro verrebbero giudicati allo stesso modo, presumendo comunque il fondamento della legittimità. L’eccesso di difesa nella pratica potrebbe non essere più contemplato.
Negli Stati Uniti hanno cominciato molto prima di noi ad armarsi. Seguiamo l’esempio, che è uno dei peggiori della civiltà occidentale, pur sapendo che oltreoceano i ladri d’appartamento e i rapinatori di farmacie e supermercati non sono diminuiti ma hanno semplicemente imparato che a rubare non si può andare più a mani vuote o con la pistola giocattolo: il malvivente si attrezza e si mette alla pari, col risultato che il furto in un’abitazione privata o in un negozio diventa una carneficina, un gioco al massacro in cui vince chi spara per primo. Evidentemente è questo che vogliamo. Negli States la National Rifle Association (una lobby che conta 5 milioni di membri e promuove l’uso di armi da fuoco per la difesa personale) organizza corsi per i cittadini: si va lì per diventare dei perfetti paranoici, per imparare come reagire adeguatamente a un’effrazione, per allenarsi a stare in allarme e a tenere costantemente i riflessi pronti in ogni momento, perché non c’è luogo in cui ci si possa sentire veramente al sicuro.
Negli Stati Uniti sette minorenni al giorno muoiono ammazzati da un’arma da fuoco. Sette al giorno. Rispetto a questa incredibile realtà Gary Younge nel suo libro Un altro giorno di morte in America descrive il sentimento comune: nessun americano ritiene che si possa fare a meno delle armi così come non si può fare a meno delle automobili, dunque il bambino morto per uno sparo (spesso accidentale) non suscita maggiore impressione di un altro che è morto in un incidente stradale.
Secondo le statistiche pare che il sabato si spari di più. Muoiono più neri e ispanici che bianchi, sparano più i bianchi che gli afroamericani: dal 1982 a oggi oltre il 61% delle sparatorie è stato compiuto da bianchi, anche se tra gli afroamericani gli omicidi sono 4 volte superiori al tasso medio nazionale.
In Europa l’incidenza di morte dovuta alle armi da fuoco è otto volte più bassa che negli USA perché non siamo ancora così tanto armati. Nel 2014 gli americani morti sparati sono stati 33599, una cifra che in Europa è impensabile. Negli Stati Uniti vi sono 10 morti da arma da fuoco ogni 100mila abitanti, in Europa l’Italia, che è in testa alla classifica, registra per ogni 100mila abitanti 0,71 morti ammazzati da colpi di arma da fuoco. La maggioranza di tali delitti compiuti in Italia è ad opera della criminalità organizzata. Il decreto Salvini sulla legittima difesa è un’ottima premessa per riuscire, col tempo, ad adeguarsi alle abitudini degli americani. Anche da noi potrebbe accadere che uno squilibrato qualsiasi si svegli una mattina carico di livore e di disperazione, prenda la pistola dal cassetto (quella che serve per difendersi dai delinquenti) e si diriga nell’ufficio da cui è stato licenziato, nella scuola da cui è stato espulso, nel locale in cui è stato umiliato, nell’ospedale in cui è morta la moglie per consumare la sua vendetta sparando sui presenti. Aumentando il numero di possessori di armi aumentano anche certe probabilità.
Non è un’esagerazione: la legge che dà il diritto di far fuoco sul ladro che viola la proprietà privata sposta i limiti del giudizio di valore sulla sacralità della vita, dapprima impercettibilmente, poi evidentemente. Nel “way of life” americano è normale il razzismo, è normale girare armati e vivere in uno stato perenne di insicurezza, e proprio perché tutto questo è normale, diventa accettabile che le forze dell’ordine siano particolarmente violente. La categoria che si modifica nel corso del tempo è quella del “senso”, che è un riflesso della coscienza: la norma crea un’inversione o un capovolgimento della logica, perché se è giusto proteggere la propria mitica sicurezza a costo di togliere la vita vi è la possibilità non remota di un oltrepassamento della norma per il solo fatto di avere tra le mani un prolungamento della propria forza fisica. Nel film di Clint Eastwood American Sniper (dal libro omonimo di Chris Kyle) il protagonista dice “Ci sono tre tipi di persone a questo mondo: le pecore, i lupi e i cani da pastore. Ci sono persone che preferiscono credere che nel mondo il male non esista. E se mai si affacciasse alla loro porta, non saprebbero come proteggersi. Quelle sono le pecore. E poi ci sono i predatori, che usano la violenza per sopraffare i deboli. Quelli sono i lupi. E poi ci sono quelli a cui Dio ha donato la capacità di aggredire e il bisogno incontenibile di difendere il gregge. Questi individui sono una specie rara, nata per affrontare i lupi. Noi proteggiamo chi amiamo.” La psicologia della difesa armata è basata innanzitutto sull’idea paranoica di una comunità ordinata e giusta ma eroicamente pronta a neutralizzare il nemico.
“Avere coscienza dell’adeguamento alla regola significa avere coscienza delle ragioni della regola” (Georges Canguilhem). La normalità è la conseguenza del compimento del progetto normativo. La legittima difesa è un’idea che ha un valore politico enorme, è un permesso che viene accordato per punire la devianza, l’infrazione: diventa normale/normato pensare che il bene materiale porti in sé la giustificazione del male che si può arrecare a chi il bene materiale lo minaccia. Non faccio riferimento ad altro bene che non sia quello materiale perché se non è necessario che il delinquente voglia attentare alla vita, che abbia un’arma e che sia in procinto di usarla non si può parlare di legittima difesa bensì di eccesso di difesa.
(7 marzo 2019)
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